Generazione Airbnb

Sappiamo tutti che l’Italia è il Paese dalle “culle vuote” ma pochi considerano invece il tema delle… case vuote.

Non parlo delle migliaia di capannoni allineati lungo le statali o nelle tante zone pseudo industriali del Paese, ma proprio di abitazioni residenziali che i proprietari ritengono di non mettere a reddito, di non affittare. Molte sono seconde case più o meno di vacanza che in questo modo restano sempre a disposizione della famiglia che ne è proprietaria, il più delle volte per utilizzarla unicamente nei periodi di ferie lasciandole vuote per gran parte dell’anno. Accanto a queste però c’è uno scenario di abitazioni acquistate a scopi finanziari e non occupate così da risultare più facilmente vendibili, infine molte abitazioni restano vuote per troppo dolore procurato in quanto sono state campo di battaglia di inquilini morosi e sfratti lunghi e complicati.

Proprio a questo riguardo, della difficoltà intendo per i cittadini di sostenere affitti residenziali a prezzi elevati, una delle critiche maggiori che viene oggi portata al “modello AIRBNB” è proprio di spingere al rialzo i canoni degli appartamenti destinati alle famiglie, portandone come esempio i casi di Berlino e New York. Non conosco il mercato degli affitti di queste due città e dubito che i tanti esperti sui Social ne sappiano molto di più di me, ma non le vedo così vicine e direttamente comparabili con le nostre Firenze, Milano, Torino ecc…  Conosco però molto bene il mercato italiano dell’ultimo quarto di secolo e ricordo che nelle grandi città già diversi anni prima di AIRBNB il livello degli affitti residenziali era tale da costringere le amministrazioni ad inventarsi fantasiosi strumenti come canoni più o meno “equi” ed i cosiddetti “canoni convenzionati” destinati per lo più alle categorie avvantaggiate come dipendenti comunali, forze dell’ordine ecc…

Questo fenomeno incideva a tal punto sul mercato che a cavallo del 2000 nelle grandi città era quasi più conveniente acquistare una casa che affittarla. Per motivi finanziari, commerciali o altri aspetti è’ semplicemente accaduto che i prezzi delle locazioni sono rimasti ancorati a quel livello elevato, così come lo sono rimasti peraltro anche quelli delle compravendite rendendo così il mercato immobile di nome e di fatto.

Che non esista un rapporto diretto di causa effetto tra valore dell’affitto tradizionale e modello AIRBNB lo proverebbe anche la sua resa economica, perché facendo i conti reali di quanto resti in tasca agli Host casalinghi, cioè quelli veramente non professionali una volta detratte le commissioni, le utenze di gas/ luce/ Internet, le spese di logistica quando ci sono ed ovviamente le tasse, quello che resta è meno di un affitto tradizionale, spesso molto meno.

Non stiamo parlando di Venezia, di alcune zone a Roma e Firenze o di via Brera e Montenapoleone a Milano ma della media generale. Il prezzo medio per un bilocale nelle grandi città è infatti di € 60/ 70 a notte. Se per una volta vogliamo davvero fare due conti prevediamo il 60% di occupazione/ anno che sono 18 giorni/ mese x € 70= ricavo lordo € 1260, a detrarre cedolare secca € 277, utenze € 100, commissioni € 176, ne resta un ricavo netto/ mese di  € 707, un po’ meno di quanto prenderebbe in periferia da un affitto tradizionale. Però deve occuparsene da solo, perché se pulizie e checkin/ out vengono affidate a terzi dal già magro ricavo netto se ne vanno altri € 200. Fatti i conti risulta quindi chiaro quanto debba essere davvero motivata la scelta del modello AIRBNB. Io la definisco Generazionale non tanto in senso “verticale” riferita ad una specifica età, quanto trasversale alla cultura economica nella quale si riconoscono più generazioni di proprietari che intendono però tutte sperimentare e confrontarsi proprio con questo nuovo modello di business attraverso la Sharing Economy.

 

One Woman Agency

one-woman-agency

Lo scenario sopra descritto di elevati costi di pulizie/ checkin/ checkout, delle problematiche normative comunali/ regionali e spesso di una ridotta competenza informatica di molti proprietari, ha creato il fenomeno tutto italiano delle agenzie virtuali. La grande maggioranza di queste risulta essere in mano femminile così da risultarne spesso proprio delle “one woman agency”. Si tratta di realtà più o meno strutturate che ricevono da amici appartamenti da promuovere in rete e che attraverso una minima economia di scala e quel tanto di esperienza  riescono ad ottenerne un discreto margine economico.

Per esperienza intendo la capacità di operare sul pricing adattando i prezzi alla domanda stagionale, di migliorare la qualità di presentazione degli appartamenti e la quantità dei portali di vendita utilizzando strumenti che permettono di gestirne tre, quattro, cinque e più contemporaneamente, così da aumentare il livello di occupazione ben sopra la percentuale del 60% prima considerata.

 

Situazione confusa preoccupante ma non seria e molto Social

italia-host

Il segmento di gran lunga maggiore del mercato AIRBNB italiano è comunque oggi ancora appannaggio dei B&B professionali che lo trovano strumento di promozione efficiente e funzionale al loro prodotto. Non stupisce sapere che addirittura alcuni alberghi promuovano le proprie stanze sullo stesso canale di vendita degli appartamenti, così da presidiare tutte le aree possibili di acquisizione clienti. La vera sfida della Sharing Economy nostrana si combatte proprio in questo confronto privati/ imprenditori oggi a tutto vantaggio di questi ultimi.

Nello scenario molto particolare del mercato turistico italiano infatti il nuovo modello di ospitalità AIRBNB erode fette di mercato quasi esclusivamente nell’area extralberghiera rappresentata dalle decine di migliaia di B&B/ CaseVacanza.  Questi rappresentano la categoria che nell’ultimo ventennio ha silenziosamente conquistato e ben presidiato la fetta medio bassa dell’offerta di Ospitalità, pagandone però un prezzo elevato in termini di adeguamento normativo e fiscale ormai vicino a quello alberghiero.

E’ proprio una particolarità tutta italiana che l’onda della Sharing Economy ancora più che sul fronte alberghiero confligga contro questo colorato ed estremamente vitale mondo di medie, piccole ed a volte piccolissime realtà più o meno famigliari, peraltro ben rappresentato istituzionalmente dalla sua associazione di categoria  che è oggi probabilmente la più influente nel campo turistico nazionale.

La strategia di difesa assunta si può riassumere così: contrastare in tutti i modi possibili l’ingresso del privato in questo segmento di mercato e dove proprio non risultasse possibile costringerlo all’adeguamento normativo sul piano alberghiero cui soggiaciono i B&B.

La caratteristica principale di questa incruenta guerra è una grande confusione di ruoli e di posizioni tra le parti che si può riassumere in modo quasi umoristico: i B&B giocano a fare gli Host e gli Host provano a fare i B&B, in questa pochade sono ammessi tutti i possibili livelli di integrazione tra le due posizioni per la gioia del legislatore che non ci si raccapezza più nel capire dove finisca l’uno e dove cominci l’altro.

Per chi voglia documentarsi sullo stato della tenzone va segnalato che il luogo dello scontro e del confronto non sono fortunatamente le strade, gli uffici regionali o gli studi legali quanto piuttosto le pagine dei Social.

Ogni città ha infatti uno/ due Gruppi Social condotti sempre da un coordinatore area di AIRBNB più o meno anonimo ma riconoscibile per competenza e disponibilità, ed un rappresentante locale di ANBBA/ Confcommercio, l’associazione dei B&B, incaricato di fare da pastore al gregge guidandolo verso il suo proprio pascolo.

E quindi, dove stiamo andando?

dove-siamo

Le visioni sono due ed abbastanza antitetiche: siamo già al traguardo o non piuttosto alla partenza?

Nel primo caso sarebbe tragico: la Sharing Economy ha incontrato una base popolare spaventata e confusa che il più delle volte ha delegato ai soliti esperti di turno Gatto & Volpe di risolvere i suoi guai, hanno così parcheggiato i propri appartamenti nel Campo dei Miracoli, per i risultati attesi consultare il capitolo 13 del libro di Collodi.

Nel secondo caso invece: Alleluia si parte!!! Se questo è l’inizio allora tutto acquista ragione di essere e la speranza è grande, manteniamo intatte curiosità ed attenzione e giudichiamo persone ed istituzioni dalla vicinanza delle loro proposte ai nostri progetti e non dalle motivazioni con le quali ci convincono ad adeguare i nostri progetti alle loro proposte.

La mia opinione è che questo sia solo il primo gradino di un nuovo percorso, il solito “piccolo passo per l’uomo grande passo per l’Umanità” in una direzione del tutto nuova che per questa sua caratteristica fa paura a molti e fastidio a tutti gli altri. E nel profondo deserto di opportunità di questo scorcio di secolo è come una sorgente di acqua fresca, per quanto mi riguarda non intendiamo rinunciarvi e chiunque crei apposta ostacoli al suo sviluppo è un nemico. Diverso è pretendere normative e certezze, ma appunto è… diverso, parliamone.

Scrivi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.